E poi dicono.......che le vecchie tradizioni non servono a nulla!!!
Avete presente quella infinita litania di strofette intercalate da ritornelli monotematici nota come "Le Osterie"?
In un modo o nell'altro, magari anche di nascosto dai nostri genitori, le abbiamo sentite e perfino canticchiate un po' tutti (o perlomeno, tutti quelli dotati di palato non troppo difficile).
Esprimono una sorta di filosofia spicciola, una rassegna portatile e poco pretenziosa dei pregiudizi e delle antipatie, ma anche un inufficiale e sommesso sfogo contro il Potere, di quello che normalmente viene definito Volgo. E infatti, le filastrocche delle Osterie sono volgari.
Volgari?
E perche', poi?
Perche' esprimono e sfruttano necessita' primarie (scatologiche, per chi non comprendesse il linguaggio corrente) comuni a tutti? Perche' includono espressioni poco rispettose del divino e dei suoi rappresentanti terreni?
Le "Osterie" sono espressione antica del popolo. Un popolo che non poteva far altro che vendicarsi del Potere immaginandolo con le braghe calate e preso dalle piu' basse necessita' fisiologiche, che si scagliava imprecando contro Dio e i suoi rappresentanti, perche' spesso e volentieri ben poco Lo rappresentavano.
E' a questo spirito che si vuole rifare la presente raccolta di "Osterie", una raccolta in versione moderna, una sorta di irriverente e spregiudicata collezione di 'Haiku' politici e sociali che vorrebbe, almeno teoricamente, essere l'equivalente scritto-cantato di una vignetta.
Per rispetto, si eviteranno coinvolgimenti ultraterreni. Ma la lingua del popolo, la diretta e coinvolgente immediatezza della volgarita' plebea, quella no, non verra' risparmiata.
Perche' e' solo spogliandolo che il Re diventa nudo.
Buon (spero) divertimento.
Lina Behr